sabato, dicembre 09, 2006

Luisona day

Non siamo riusciti ad organizzare la tanto agognata giornata, ma voglio parlare qui di un bar che in un qualche modo ha accompagnato un periodo della mia vita.
Erano i primi anni '70 e io ero matricola all'Università. Improvvisamente godevo della immensa libertà di poter stare fuori tutta la giornata senza dovermi giustificare con un papà molto severo: le lezioni erano a orari improbabili e quindi ero assente giustificata all'ora di pranzo! E tra i tanti bar della zona universitaria, con una mia compagna di corso, ci avventurammo proprio lì, dentro quell'università dentro l'università che è la Johns Hopkins University. Mi ci ero avventurata da sola in avanscoperta con la scusa di trovare qualcuno che a prezzi modici potesse fare conversazione in inglese con me, per non perdere ciò che avevo acquisito nel mese di permanenza in Canada. E ovviamente c'erano pure altri scopi reconditi facilmente intuibili....Il bar era la classica cafetteria dei campus americani: luminosa, pulitissima, spartana nell'arredamento e con un bel giardinetto molto frequentato nelle giornate di sole, anche in pieno inverno! Nel bar ci si poteva stare per mangiare, ma anche per studiare o leggere, ci si facevano amicizie, si consumavano storie di amore e amicizia, si gioiva per esami dati o ci si disperava per esami finiti male o rifiutati, tutto sotto lo sguardo attento del mitico barista Ivo. Ivo era un filosofo e avrebbe, secondo me, potuto fare benissimo lo psicologo! Non c'era studente che non finisse al bancone a raccontargli le sue pene d'amore, a cercare conforto, a chiedere un consiglio. E lui, sornione, ascoltava e poi ti donava la sua perla di saggezza: quello è meglio se lo lasci perdere, quella è una un po' troppo frivola...e così ci aiutava a navigare in quel mare sconosciuto che era per noi pischelle il mondo universitario nel quale eravamo appena entrate.
Ivo era talmente mitico che persino Francesco Guccini, che frequentava la Johns Hopkins in qualità di insegnante di italiano, ha voluto interpretarlo nel film Radio Freccia.
Quante storie in quel bar, quanti incontri! Richard, italo-americano newyorkese dai capelli rossi, Manuel, argentino, che mi fece tradurre dall'inglese un lunghissimo articolo di diritto internazionale sulle acque territoriali, Mary, bellissima e sportiva nonostante le mancasse un braccio (ma se non me lo avesse detto non me ne sarei mai accorta!) e sempre circondata da ragazzi adoranti, Murphy, haitiano, tenerissimo, che quando ci venne presentato ci disse di stare attente perchè era cannibale e mangiava le ragazze bianche! Gli dicemmo che ci avrebbe spaventate di più se avesse fatto riti voodoo! John, scozzese, insegnante di diritto, che aveva molti problemi con l'acqua e sapone!
A poco a poco sono ripartiti tutti, di qualcuno mi resta qualche fotografia e il ricordo di quelle amicizie nuove e diverse, la scoperta di altre culture, tutte affascinanti, e mi resta anche il senso dello sforzo che tutti abbiamo messo nell'uscire dai pregiudizi sulle rispettive nazionalità. Fu davvero una bella ventata di novità!

2 commenti:

Francesca Sanzo ha detto...

sono un'appassionata donna da bar e queste storie sono bellissime...

certi luoghi, apparentemente sfondo, ma sustanziali x il ricordo, dovrebbero diventare patrimonio dell'umanità!...

grazie per il tuo commento degli ultimi giorni e per la vicinanza...

un abbraccio

Anonimo ha detto...

Ciao Api!
Buon lunedì! :)

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